Description
Le problematiche legate alla globalizzazione e alle modificazioni storiche, sociali e politiche degli ultimi decenni hanno generato l’attenzione continua della riflessione filosofica sulle connotazioni radicali e profonde della trasformazione nella concezione dello spazio storico, delle sue conseguenze, a volte tragiche e profondamente inique per l’identità umana, esposta e ridotta ai processi della produzione e del controllo economico, a volte in ragione della categoria dell’utile, a volte, molto più violentemente, come ostacolo da cancellare per la piena disponibilità delle risorse considerate come semplice fondo nell’attuale riduzione all’economico delle relazioni intersoggettive e dello stesso fondamento comunitario. L’autore tenta di dialogare con alcune delle posizioni più originali del dibattito filosofico contemporaneo in relazione alle categorie di Spazio, Storia, Comunità , Vita, Libertà e, senza alcuna pretesa costruttiva in senso definitivo, richiama le radici antichissime della tensione all’occupazione spaziale come determinazione dell’ordine sociale e politico. Ciò che la comunicazione di massa contemporanea ritiene prodotto specifico del moderno e che viene denominato globale, non è altro che il risultato del decidersi per il mare aperto alla scoperta di passaggi che uniscano e creino legame, evento alle radici del Diritto, del Politico e dell’Economico europeo. La figura di Odisseo è il necessario archetipo greco della pericolosità di questa ricerca e della sua essenziale ambiguità . A giudizio dell’autore, il confronto critico e l’interrogazione diretta con la tradizione occidentale sono indispensabili per cogliere i nessi vivi e le tracce dell’attuale riduzione appropriativa della natura e della vita. Lo spazio della geografia e della storia, per secoli incompleto e lacunoso nella sua direzione verso un Nomos globale, si è oggi esaurito nella pienezza di una prossimità umana che non accoglie e non comunica, ma tende invece ad uniformare e distruggere i distinti che pure costituiscono la stessa esperienza europea e le sue identità differenti. Platone e Aristotele, Kant e Hegel, Heidegger e Weber, Schmitt e Florenskij sono figure polari essenziali per la comprensione delle aporie legate alla questione della libertà e del legame sociale, all’antinomia fra Diritto e Giustizia, all’oggettività invadente del Male. Se lo spazio della Storia assoggettata al Dominio tende all’uniformità e all’annullamento della singolarità storica e culturale, anche e soprattutto quando parla in nome dei valori universali, la riflessione filosofica ha il dovere d’interrogarsi se vi è ancora la possibilità di un’autentica Phila, che non sia semplice retorica dell’amicizia o impossibile e utopica promessa di trasparenza sociale fondata nei limiti del Politico e della statualità, ma indicazione di un conflitto che si riconosce sempre aperto all’alterità: “saprà l’Occidente essere fedele al legame rimosso fra diritto e giustizia, saprà cercare nuove aurore e lingue d’amicizia che mantengano la distinzione degli sguardi e delle culture all’interno di una Verità che non opprima e annienti la vita, la nuda vita?” Con tale interrogazione si conclude il saggio di Luciano Tripepi nella consapevolezza del carattere tragicamente conflittuale del Politico contemporaneo e nella crisi dei suoi ordini interni ed internazionali di cui la povertà nomade e straniera è l’immagine inquietante e irriducibile.